Stefania Brignolo - Misure accurate di velocità del suono in nuovi HFC a basso impatto ambientale

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Fisica - Tesi di Laurea

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Il mondo della refrigerazione e del condizionamento sta subendo una profonda e continua trasformazione a causa della progressiva messa al bando dei refrigeranti da sempre utilizzati.

L'azione di messa al bando dei refrigeranti CFC (clorofluorocarburi) e HCFC (idroclorofluorocarburi) ha avuto inizio con il Protocollo di Montreal. Esso è stato ratificato nel 1987 da più di 30 Nazioni e prevedeva un piano per la progressiva eliminazione dei refrigeranti CFC e HCFC.

Per quanto riguarda i CFC, il Protocollo ed il successivo emendamento di Copenaghen nel 1993, stabilirono la riduzione della produzione del 75% entro il 1 gennaio 1994 e la totale eliminazione entro il 1 gennaio 1996. Si decise invece di eliminare in modo più graduale gli HCFC.

Qualche anno dopo, l'11 dicembre 1997, è stato ratificato da più di 160 paesi un nuovo accordo: il protocollo di Kyoto, un trattato internazionale che sancisce gli interventi da effettuarsi per contrastare il riscaldamento globale. Esso obbliga i paesi industrializzati di operare una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti, nel periodo tra il 2008 ed il 2010, come il biossido di carbonio e di altri cinque gas serra in una misura non inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nell'anno base 1990.

I CFC sono refrigeranti composti da tre elementi chimici: il cloro, il fluoro ed il carbonio e ciascun tipo di refrigerante si differenzia dall’altro unicamente per il numero di atomi presenti nella sua composizione chimica. Date le loro proprietà termodinamiche e i costi piuttosto contenuti, i CFC sono stati impiegati da subito nel campo della refrigerazione e del condizionamento.

Purtroppo tali fluidi hanno un impatto negativo sull'atmosfera una volta liberati in essa. Infatti la composizione chimica dei CFC è molto stabile e può rimanere invariata nell'atmosfera per diverse decine di anni: in tale periodo di tempo il gas si accumula nell'atmosfera raggiungendo la zona più esterna dove il cloro reagisce con l’ozono diminuendone così la quantità. Si crea in questo modo il cosiddetto “buco dell'ozono”.

Per rendere meno duratura nel tempo la composizione dei fluidi refrigeranti si può sostituire il cloro presente nella molecola con l'idrogeno. Questo fa sì che la molecola di fluido sia instabile una volta immessa nell'atmosfera e tende a decomporsi più rapidamente.

Se l’idrogeno sostituisce solo in parte il cloro presente nella molecola dei CFC si ottengono gli idroclorofluorocarburi (HCFC) che contenendo una piccola parte di cloro risultano avere un impatto non nullo sull'impoverimento dello strato di ozono atmosferico.

Se l'atomo di cloro viene sostituito completamente con l'idrogeno, nascono dei nuovi refrigeranti: gli idrofluorocarburi (HFC). Tali refrigeranti hanno un effetto nullo sul buco dell'ozono anche se in realtà non sono perfettamente eco-compatibili. La loro liberazione in atmosfera, infatti, contribuisce al surriscaldamento della Terra (“effetto serra'”).

Per questo motivo la ricerca scientifica si è rivolta allo studio di refrigeranti che abbiano un basso impatto ambientale, ma alte prestazioni e basso costo.

Uno dei pochi HFC che si è imposto sul mercato e che viene utilizzato allo stato puro è l’R134a (1,1,1,2-tetrafluoroetano), utilizzato con successo nella refrigerazione domestica e negli impianti di climatizzazione dei veicoli. L'R134a sopravvive però nell'atmosfera per circa 14 anni contribuendo all'aumento dell'effetto serra. Lo studio si è quindi rivolto a HFC aventi un tempo di vita minore. Per esempio il 2,3,3,3-tetrafluoropropene (R-1234yf, in nomenclatura ASHRAE) è il primo di una nuova classe di refrigeranti a basso impatto ambientale proposto come sostitutivo dell'R134a negli impianti di condizionamento delle automobili. Esso rimane in atmosfera per circa 11 giorni. Altro refrigerante ancora in fase di studio e non ancora in commercio è il trans-1,3,3,3-tetrafluoropropene (R-1234ze).

Per la progettazione degli impianti di condizionamento è importante però conoscere il loro comportamento termodinamico, ovvero a quale temperatura e pressione si ha il massimo rendimento.

Per valutare la loro efficienza è necessario, quindi, caratterizzarli termodinamicamente, ovvero implementare una equazione di stato (EoS) a partire da alcune proprietà termodinamiche che possono essere misurate direttamente, come ad esempio la velocità del suono.

Il lavoro svolto durante tesi si basa sulla misura di velocità del suono, in intervalli di temperatura e pressione utili a scopi industriali, nei due gas refrigeranti liquefatti di nuova generazione R-1234yf e R-1234ze realizzati e forniti dalla ditta Honeywell, azienda leader mondiale nel campo dello sviluppo e della realizzazione di gas per la refrigerazione domestica, automobilistica ed industriale.

Le misure di velocità del suono sono state effettuate presso il laboratorio di Acustica della Divisione Termodinamica dell'Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica di Torino (INRiM) in collaborazione con il National Institute of Standard and Technology (NIST) del Colorado il quale sta implementando le due nuove equazioni di stato.

La tecnica utilizzata è la “pulse-echo” a doppio riflettore, scelta sia per la sua semplicità di progettazione che per l'alta risoluzione ed accuratezza conseguibile.

La misura si basa sull'emissione di un impulso ultrasonoro all'interno di una cella ultrasonica di acciaio inox, da parte di un trasduttore piezoelettrico posto a distanze differenti da due riflettori. Durante la misura la cella ultrasonica è posta all'interno di un contenitore ad alta pressione posizionato in un bagno termostatico controllato.

I valori di velocità del suono nei due gas refrigeranti, ottenuti utilizzando questa procedura, risultano affetti da un errore relativo percentuale minore dello 0.1%.

Con lo scopo di caratterizzare accuratamente le proprietà fisiche dei fluidi in una regione molto ampia dello spazio (T, p), si è deciso di realizzare anche un nuovo apparato sperimentale in grado di operare dalla pressione atmosferica fino ad una pressione dell'ordine dei 400 MPa e in un intervallo di temperatura compreso tra i -80°C e i 140°C.

Tale apparato verrà utilizzato in futuro per eseguire misure di velocità del suono in altri gas refrigeranti, ma in modo particolare in biocarburanti con lo scopo di ottenere proprietà termodinamiche utili per lo sviluppo di nuovi motori commonrail in grado di operare a pressioni superiori ai 300 MPa. Il lavoro è posto all'interno di un progetto europeo EMRP di cui fanno parte 9 paesi e 14 istituti tra cui, appunto, l'INRiM di Torino.

Stefania Brignolo

Tesi di Laurea Specialistica

Autore: Stefania Brignolo
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Relatore: Maria Pia Bussa
Università: Università degli Studi di Torino
Facoltà: Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso: Laurea Spec. in Fisica delle Tecnologie Avanzate
Data di Discussione: 06/10/2010
Voto: 110 cum laude
Disciplina: Acustica
Tipo di Tesi: Sperimentale
Anno di Iscrizione: 2008/2009
Lingua: Italiano
Grande Area: Area Scientifica
Dignità di Stampa: Si
In Collaborazione con: Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (iNRiM)
Settori Interessati: Settore scientifico, industriale, ambientale

Pubblicata in: www.pubblitesi.it